INTELLIGENZA ARTIFICIALE E MACHINE LEARNING: DIFFERENZE E ALCUNE POSSIBILI APPLICAZIONI INTELLIGENZA ARTIFICIALE E MACHINE LEARNING: DIFFERENZE E ALCUNE POSSIBILI APPLICAZIONI

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E MACHINE LEARNING: DIFFERENZE E ALCUNE POSSIBILI APPLICAZIONI

Pubblicato il 15 Gennaio 2024
5 minuti di lettura

Nell’era dell’informazione in cui viviamo, Intelligenza Artificiale (IA) e Machine Learning (ML) sono il motore di cambiamenti epocali in settori diversi: dall’industria alla sanità, passando per le comunicazioni e la gestione dei dati in azienda. Due discipline connesse ma ben distinte, eppure spesso travisate e citate come sinonimi.

In questo articolo, faremo un viaggio nel tempo per esplorare le incredibili evoluzioni che hanno portato la IA da un mero sogno di science-fiction alla realtà di tutti i giorni e chiariremo finalmente la differenza fra intelligenza artificiale e machine learning.

Dall'Imitation Game all'intelligenza artificiale moderna

Il “gioco dell’imitazione” è stato introdotto dal matematico e informatico britannico Alan Turing nel suo saggio del 1950 intitolato “Computing Machinery and Intelligence“.

Spesso chiamato Test di Turing, è uno scenario ipotetico progettato per valutare la capacità di una macchina di mostrare comportamenti intelligenti indistinguibili da quelli di un essere umano.

Un prototipo visionario di chat: il Test di Turing

Il Test di Turing, con la sua interazione basata sul dialogo tra essere umano e macchina, può essere considerato (anche) un esempio visionario di ciò che oggi chiameremmo una “chat” o una conversazione online. Nel test, infatti, il giudice interrogatore comunica attraverso una tastiera e un monitor: una forma primordiale di interazione testuale, simile a ciò che vediamo nelle chat.

The Imitation Game ha gettato le basi per una definizione iniziale di intelligenza artificiale.

Prima definizione per l’intelligenza artificiale (e critica)

La prima definizione dell’Intelligenza Artificiale si può riassumere in quanto segue: se una macchina, durante la conversazione (Test di Turing), avesse potuto convincere un giudice umano di essere essa stessa umana, allora sarebbe stato lecito considerarla “intelligente”.

Si può obiettare che questa definizione non cattura l’intera gamma dell’intelligenza e che la capacità di imitare la conversazione umana non implica necessariamente una vera comprensione o coscienza. Il gioco di Turing rappresenta, in ogni caso, un punto di partenza fondamentale nelle discussioni su intelligenza artificiale e machine learning.

Il contributo italiano e una nuova prospettiva sull’IA

Nel corso degli anni, l’IA ha fatto passi da gigante, non solo nel mondo anglosassone. In Italia, Marco Somalvico è stato uno dei pionieri nell’introduzione di questa disciplina. Dopo un’esperienza all’Università di Stanford, fu uno dei soci fondatori di Siri, Associazione Italiana di Robotica Industriale (1975) e di AI*IA, Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (1988). La sua figura ha lasciato un’eredità nella formazione di nuovi ricercatori e accademici italiani.

L’intelligenza artificiale, secondo la prospettiva di Somalvico, è la disciplina dedicata allo sviluppo di sistemi hardware e software in grado di emulare o replicare processi mentali e comportamenti tipici dell’intelligenza umana: il pensiero razionale, l’apprendimento automatico, il riconoscimento del linguaggio naturale e l’assunzione di decisioni razionali. Disciplina che mira a creare sistemi artificiali capaci di eseguire compiti complessi in modo simile all’uomo, utilizzando conoscenza, ragionamento e apprendimento.

Superando la programmazione imperativa: l'IA contemporanea

La simulazione dell’intelligenza, specie nell’ambito dell’IA moderna, implica un importante passo avanti rispetto alla programmazione classica. Quest’ultima, ha la caratteristica di essere imperativa, ovvero consiste nella scrittura di un programma in cui vengono fornite istruzioni dettagliate su come eseguire una serie di operazioni su un computer.

Queste istruzioni sono eseguite in modo sequenziale e deterministico, come un elenco di passi da seguire, spesso solo se sono soddisfatte determinate condizioni.

Deep Blue e Minimax: le capacità di gioco delle macchine

Un esempio di algoritmo imperativo, che non impara dall’esperienza, si chiama Minimax ed è utilizzato nei giochi strategici a somma zero, come gli scacchi, per prendere decisioni ottimali. In questo genere di giochi, due giocatori si sfidano e uno cerca di massimizzare il proprio punteggio mentre l’altro cerca di minimizzarlo.

L’obiettivo dell’algoritmo è determinare la mossa migliore per un giocatore in un dato stato di gioco, considerando tutte le possibili mosse dell’avversario in un albero di decisioni (game tree) secondo le regole.

Deep Blue è il sistema di computer sviluppato da IBM che utilizzò Minimax per sconfiggere il campione del mondo di scacchi Garry Kasparov nel 1995. Questa vittoria ha dimostrato la potenza dell’IA nel risolvere problemi complessi e ha contribuito a promuovere ulteriormente la ricerca nell’ambito dell’IA applicata ai giochi e oltre. L’algoritmo Minimax non apprende dalle esperienze o dai dati, ma opera in base a una valutazione statica delle posizioni dell’albero di gioco.

AlphaGo di DeepMind: l'IA che ha cambiato il gioco

L’IA moderna supera la programmazione imperativa, nel senso che le macchine apprendono dai dati e migliorano nel tempo. La simulazione dell’intelligenza, attraverso l’apprendimento automatico e l’acquisizione continua di conoscenza, rappresenta una forma di autonomia che si avvicina all’intelligenza umana. Gli agenti artificiali diventano così capaci di prendere decisioni sulla base delle esperienze pregresse, migliorare le loro prestazioni e adattarsi a nuove situazioni in modo autonomo, senza richiedere una programmazione esplicita per ogni singolo scenario.

AlphaGo è un programma di IA sviluppato da DeepMind, azienda di Google, noto per il suo eccezionale successo nel Go, uno dei giochi da tavolo più complessi al mondo. La vittoria di AlphaGo su uno dei migliori giocatori, Lee Sedol nel 2016, è stata un evento storico e ha dimostrato che le macchine possono eccellere in giochi che richiedono non solo profonda intuizione strategica ma anche comprensione del contesto.

Ciò ha ispirato ulteriori ricerche sull’applicazione dell’IA in settori al di là dei giochi, come la medicina e la ricerca scientifica.

Ma quindi, qual è la differenza tra intelligenza artificiale e machine learning?

Questa transizione è fondamentale per l’evoluzione dell’IA e per l’obiettivo di creare sistemi più intelligenti e autonomi. Il che ci porta al punto di arrivo del nostro articolo: la differenza fra intelligenza artificiale e machine learning.

In estrema sintesi, possiamo dire che l’Intelligenza Artificiale è il campo generale che mira a creare sistemi intelligenti, mentre il Machine Learning è una delle tecniche, all’interno dell’IA, che consente ai sistemi di apprendere dai dati e migliorare le proprie prestazioni, in modo autonomo.

Tra gli algoritmi di IA, la categoria che si basa sulla statistica e sulla matematica per estrarre modelli e informazioni dai dati può essere definita come algoritmi di apprendimento statistico. Questi algoritmi sono ampiamente utilizzati in una varietà di applicazioni, tra cui il riconoscimento di modelli, la previsione, la classificazione e l’analisi dei dati.

Dalla medicina alla classificazione delle email: casi concreti di ML

Una possibile tassonomia di questi algoritmi può includere: regressione lineare, classificazione, apprendimento supervisionato e non, apprendimento profondo (deep learning), apprendimento bayesiano, rappresentazione delle caratteristiche (feature engineering).

I casi concreti di applicazione spaziano dalla diagnosi medica, alla previsione della domanda di prodotti, alla traduzione automatica, al rilevamento di frodi finanziarie, alla classificazione delle email.

IA per tutti: verso la General Purpose AI

Oggi le applicazioni pratiche dell’IA sono a disposizione di tutti e spaziano dal riconoscimento vocale negli assistenti virtuali come Siri o Alexa, alle raccomandazioni personalizzate sulle piattaforme di streaming audio e video come Spotify e Netflix, fino ad arrivare ai sistemi di guida autonoma basata su sensori.

Il prossimo step evolutivo sarà l’intelligenza artificiale a scopo generale (GPAI), una classe di tecnologie che simulano dinamicamente l’intelligenza umana e che non sono limitate a uno specifico dominio o applicazione, ma possono adattarsi a una varietà di contesti. La loro versatilità rende difficile prevedere scenari di utilizzo e impatti potenziali, non ultima la valutazione del rischio associato (vedi casi Chat GPT e deep fake): l’AI Act si propone di affrontare anche questi aspetti, nell’ambito di una regolamentazione per l’intelligenza artificiale in Europa.

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